true crime
ANCORA SENZA VOLTO
L’ASSASSINO DEI DECAPITATI
A distanza di alcuni anni e ormai accertato che Andrea Pizzocolo – il killer della prostituta nel motel lodigiano che attualmente è sotto processo – non c’entra con questi delitti, neppure l’identificazione della vittima ha fatto luce sull’autore del massacro avvenuto tempo fa sulle rive del Lambro . C’è un serial killer nel sud milanese o è il regolamento di conti di una banda di spacciatori “mexican stile”?
A fare la macabra scoperta era stato un ciclista di passaggio
sulla provinciale 234 che, il 1 aprile del 2011, aveva notato quei poveri resti
sparsi sulla riva del fiume Lambro nei pressi del comune di Orio Litta, tra le
province di Lodi e Pavia.
L’efferatezza del delitto e le modalità con le quali
l’assassino si è sbarazzato del cadavere presentano notevoli analogie con il
ritrovamento , nel giugno del 2007, di un altro corpo, anch’esso decapitato e
con un foro da punteruolo, quasi identico, al centro del torace, abbandonato
nelle campagne di Inverno e Monteleone, paesini che si trovano a soli venti
chilometri di distanza da Orio Litta; al punto che le autorità locali avevano
dichiarato di essere molto preoccupate all’idea che un assassino seriale
potesse tornare a colpire nel loro territorio. Tuttavia, se per il caso di
Inverno e Monteleone non era stato possibile giungere all’identificazione dei
poveri resti, stavolta le indagini condotte dal RIS di Parma e dalla
Scientifica hanno stabilito con certezza che quello sulla riva del Lambro è il
cadavere di Abdelziz E., ventunenne marocchino, pluripregiudicato e
spacciatore, senza fissa dimora. Il
giovane sarebbe sparito, secondo la testimonianza di un altro marocchino,
coinvolto nell’attività di spaccio, proprio una settimana prima del suo
ritrovamento, fatto che coincide con la probabile data del decesso e che
indirizza le indagini degli inquirenti verso l’ipotesi della rapina andata male
o del regolamento di conti tra pusher.
Tutte le piste restano comunque aperte e non va affatto
trascurata la circostanza che il cadavere di un altro giovane, poco più che
ventenne e probabilmente straniero, rimasto senza identità perché anch’esso
senza testa, sia stato gettato all’interno di uno scatolone vicino al casello
di Chiusa (BZ), sull'Autobrennero nel
febbraio del 2008, completamente avvolto in nastro da pacchi. Un altro
terribile delitto che sembrerebbe legato all’ambiente della prostituzione
maschile (e forse a giochi erotici estremi) e che rafforza l’ipotesi di un
criminale seriale, ben intenzionato a non permettere l’immediata
identificazione delle sue vittime. Suscita perplessità, infatti, che una gang
di spacciatori, per quanto spietata e imitativa di certe famigerate gang dei
cartelli sudamericani, si prenda la briga di far ritrovare in maniera così
eclatante chi ha “sgarrato”, attirando così l’attenzione dei media ed
esponendosi al rischio di essere individuati dalle forze dell’ordine. Il “modus
operandi”, se finalizzato alla non identificazione della vittima, è infatti
decisamente elaborato e sadicamente efferato e tradisce crudeltà perversa,
calcolo e compiaciuto esibizionismo: caratteristiche più consone a un assassino
seriale che non a un killer della malavita organizzata.
Gianpaolo Saccomano
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