La suora fantasma e altri spettri
con la tonaca
di Gianpaolo Saccomano
A chi sostiene che le anime dei religiosi trovino sempre
pace dopo la morte, consigliamo di fare una capatina al castello di Montaldeo o
di mettersi a cercare il tesoro di Castellazzo nelle Langhe. Può darsi che a
benedirli ci sia uno spirito davvero molto speciale...
Costruito nel XV secolo dalla famiglia degli Aleramici, il
castello di Montaldeo (che è un piccolo borgo in provincia d’Alessandria) si
staglia sul colle che domina la Valle dell’Orba conservando a tutt’oggi un
aspetto fiero e suggestivo.
I sotterranei, peraltro molto tetri ed angoscianti per la
presenza di labirinti, nicchie e trabocchetti, non sono però l’unica
suggestione di questa vecchia dimora; si racconta, infatti, che uno spirito
inquieto, dalla natura molto particolare, si aggiri senza pace tra queste
antiche mura, forse legato a qualche triste vicenda dei tempi in cui la
famiglia Trotti dimorava nel castello.
L’incontro ravvicinato più significativo con la misteriosa
presenza del castello di Montaldeo non poteva aver altro protagonista che il
vecchio custode della magione, il signor Alfredo C., che durante una delle sue
abituali passeggiate notturne si rese conto che la temperatura delle stanze si
era abbassata in maniera davvero inspiegabile anche per quella fredda notte d’inverno del 1976.
Necessitato a scendere nei
sotterranei per prendere della legna nonostante l’ora tarda (erano circa le
23), Alfredo constatò che l’oscurità lì sotto era così fitta anche per la
torcia da sembrare impenetrabile e che il silenzio trasudava da quelle umide
pareti con una forza tale da rendere l’atmosfera quasi insopportabile.
Fu a quel punto che si rese conto che qualcosa di luminoso ma
evanescente si stagliava a pochi passi da lui, delineando una sagoma umana,
imprecisa ed indefinita, ma molto simile a quella di una suora col velo in
capo.
L’apparizione durò solo pochi secondi ma fu talmente sconvolgente ed
inquietante da rimanere ancor oggi vividissima nei ricordi dell’anziano custode
che, stupefatto e anche piuttosto turbato, da quel momento è sempre stato
restio a scendere nei sotterranei, soprattutto dopo il tramonto.
Alfredo ricorda che già da tempo aveva sentito parlare dello spettro
del castello e della triste storia della religiosa rapita e poi fatta sparire
in circostanze misteriose, ma ribadisce che, nonostante qualche rumore notturno
un poco inquietante e difficile da spiegare, e qualche luminescenza intravista
là dove non doveva esserci, niente di così strano era mai successo fino ad
allora tra quelle antiche mura che, ancora oggi, servono da residenza estiva ad
un discendente della famiglia Doria.
Eppure tutti conoscono la leggenda della bella monaca imprigionata e
si tengono alla larga dal profondo pozzo nel quale furono gettate le spoglie
dell’odiato signorotto locale e dei suoi famigliari, esattamente a partire da
quando, nel lontano 1528, i villici decisero di vendicarsi dei loro soprusi.
E sempre a proposito di
religiosi fantasma, se ci si sposta ad Orte (nei pressi di Viterbo) si scalano
le gerarchie ecclesiastiche, dato che tra le mura del paese la ricorrente
apparizione di una figura spettrale in abito talare bianco viene associata
nientemeno che al fantasma di un vescovo di nome Damasco.
La tradizione vuole che il religioso sia stato linciato dai contadini
inferociti mentre tentava di sottrarre al rogo una giovane di buona famiglia.
Costei, tale Bertrada de’ Vincitori, era stata ingiustamente accusata da una
megera invidiosa (e in odore di stregoneria) di essere apportatrice di
disgrazie e causa della terribile pestilenza che flagellava la località. Da
allora, sono in molti a giurare di aver visto apparire il buon vescovo Damasco
in diversi punti del paese con una particolare predilezione per la notte di San
Silvestro. La figura biancovestita più che incutere spavento è solita lasciare
un certo sgomento tra i testimoni, in particolar modo quando ripete (per ben
tre volte e urlando...): “Il vescovo ti benedice, Orte felice! ”.
Un vescovo guerriero (Ludovico Bollero di Centallo) è invece il
probabile fautore dell’inquietante caso d’infestazione che si verifica in un
paesino del cuneese, Belvedere Langhe; luogo nei pressi del quale sarebbe stato
sepolto da un povero frate uno scrigno di gioielli appartenuto ad una ricca
famiglia della zona.
Il pilone votivo che nella frazione di Castellazzo
costituisce probabilmente il punto di riferimento al luogo in cui vi sarebbe il
cospicuo tesoro non è poi così difficile da individuare, ma la spaventosa
presenza che lo custodisce (e che sembra uscita da una delle migliori
ghost-stories di M.R.James...) disincentiva la maggior parte degli improvvisati
cercatori di tesori. Si racconta infatti, che, oltre alla spiacevole sensazione
di essere spiati e seguiti da qualcosa di indefinibile, a quelli che hanno
tentato di scavare si sia poi manifestato lo spettro dello sfortunato frate,
che nel 1537 fu torturato e ucciso dall’avido presule, perchè non aveva
rivelato il luogo esatto della sepoltura dei gioielli.
A detta dei più, la spettrale apparizione di solito incute paura e
sgomento anche nei testimoni più coraggiosi, dato che il povero frate, piagato
e sfigurato, compare con una tonaca tutta insanguinata e nell’atto di maledire
colui che lo trucidò; non sono rari poi, gli incidenti inspiegabili e gli
spiacevoli contrattempi in cui incappano coloro che nonostante ciò continuano a
sfidarne la presenza.
Dunque una manifestazione inquietante e, senza dubbio, legata ad un
episodio terribile che questo grazioso paesino delle Langhe, vorrebbe
volentieri dimenticare e che secondo alcuni gli è valso il nomignolo di malamorte
(ma gli storici lo spiegano con riferimento ad una spaventosa pestilenza
del 1300 che ne decimò la popolazione...).
Non crediate, però, che i religiosi fantasma si manifestino soltanto
in luoghi poco frequentati e desolati.
Provate, infatti, a sentire cosa ne pensano alcuni dei molti milanesi
che giurano di essersi imbattuti in un vecchio monaco, dall’aspetto sporco e
trasandato, che inveisce contro l’abbruttimento e il malcostume della nostra
società e che si aggira, come fosse materializzato all’improvviso, dalle parti
del Cimitero Monumentale (quasi all’imbocco di via Paolo Sarpi), per poi
sparire, dopo qualche minuto,
misteriosamente nel nulla da cui è venuto.
A giudicare da questi inquietanti racconti vien fatto di dubitare che
preti, suore e monaci, abbiano, nell’aldilà, una corsia preferenziale ma è
chiaro che i meccanismi che legano le anime dei trapassati alle loro
manifestazioni terrene sono del tutto imperscrutabili... e molto spesso
spaventosi!
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