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giovedì 9 luglio 2015

ghost legends

Il castello del “murato vivo”

di Gianpaolo Saccomano

 

Il castello di Roppolo da più di un millennio domina incontrastato il placido lago di Viverone e, anche se di recente è divenuto una meta importante per gli amanti della cucina e del buon vino, tra le sue mura conserva il segreto di un tragico fatto di sangue. Che sia questa la spiegazione agli spaventosi rumori e alle apparizioni luminose che non di rado capita di sentirvi ?

 


Addossato alle alture prospicienti il lago di Viverone, più o meno a metà strada tra Ivrea e Vercelli, si erge il castello di Roppolo.
Baluardo della zona già in epoca tardo-medievale e probabilmente eretto su fortificazioni preesistenti, il castello è protagonista della storia locale fin dal 963 d.c., anno in cui fu costruito il torrione attorno al quale fu poi sviluppato il classico recinto fortificato.
La struttura attuale risale invece al XV secolo e, anche se il fossato è stato trasformato in un bel giardino ed è ormai scomparsa la torre di vedetta , ne è stato mantenuto l’aspetto maestoso grazie soprattutto al mastio severo e quadrato e al grazioso porticato duecentesco con i suoi archi e pilastri eleganti. Proprio quest’ultimo è stato accortamente adibito dalla Regione Piemonte come sede di un’enoteca  di importanza nazionale e di un buon ristorante (attualmente provvisto anche di una decina di camere d’albergo).
 
 
Pur essendosi trasformato, durante i secoli, da luogo fortificato e difensivo per una posizione ai tempi tatticamente importante (a crocevia tra Biella e il Monferrato occidentale) ed ora in meta apprezzabile per tutti gli estimatori del buon vino e della cucina canavese, il castello ha conservato pressoché intatto il fascino raccolto e silenzioso del maniero antico, poiché ancora decorato elegantemente da mosaici, mobili, lampadari e tendaggi d’epoca.
 
 
Nonostante ciò, come ogni vecchio castello che si rispetti, anche quello di Roppolo possiede un’aura tenebrosa ed inquietante che si avverte soprattutto nelle notti in cui i violenti temporali estivi si abbattono sugli alberi secolari (e sinistramente scricchiolanti) del cortile,  proprio allorchè il vento sferza le antiche torri, agitando e schiumando le acque del lago sottostante.
 
 
Fu proprio all’indomani di uno di questi violenti nubifragi che, anni fa, mentre ero ospite al castello durante la sistemazione delle camere d’albergo, la gente del luogo mi raccontò la fosca vicenda del “murato vivo” che ancora aleggia tra le mura dell’antica dimora e che probabilmente dà spiegazione ad alcune delle insolite manifestazioni che ad esso si ricollegano.
Il terribile episodio risale all’incirca alla metà del 1400, quando, durante la guerra per la successione al Ducato di Milano che seguì alla morte di Filippo Visconti, il cognato Ludovico di Savoia entrò nella coalizione contro Francesco Sforza e gli altri pretendenti.
Agli ordini di Ludovico di Savoia si schierarono anche due nobili canavesi: il conte Bernardo Mazzè e Ludovico Valperga, signore di Roppolo. Per ragioni sconosciute, tra i due da tempo non correva affatto buon sangue e, nel momento in cui il Mazzè fu fatto prigioniero dagli sforzeschi in un’imboscata, proprio Ludovico Valperga inaspettatamente si fece in quattro per riscattare il commilitone.
 
  
Le trattative si protrassero e alla fine Bernardo Mazzè venne riconsegnato dai Milanesi proprio ad Antonio Valperga, il fratello di Ludovico. Da quel momento però di lui si perdono le tracce e non se ne saprà più niente.
Per parecchi secoli, secondo le istruzioni date allora ad un ambasciatore di Savoia, si ritenne che il povero Mazzè fosse stato annegato nel fiume, per vendetta, dal perfido Ludovico e con la complicità di suo fratello, ma poi, verso la fine dell’Ottocento, nel corso di alcuni lavori di ristrutturazione al castello, abbattendo un muro per praticarvi un passaggio, venne scoperta, nel vano di una nicchia strettissima, un’armatura completa, con la visiera ancora calata, all’interno della quale fu rinvenuto uno scheletro umano.
 
 
 
Tutti allora si ricordarono della misteriosa scomparsa del conte Bernardo Mazzè e della diabolica astuzia del suo rivale che, probabilmente dopo averlo torturato e per eliminare ogni traccia delle sue nefandezze, lo aveva murato vivo.
Furono di colpo chiare le motivazioni di molti degli strani fenomeni verificatisi per lungo tempo tra le mura del castello di Roppolo e, soprattutto, la causa degli spaventosi rumori metallici che ancora adesso in certe notti si possono udire echeggiare per le sale dell’antico maniero.
Ad essere sincero, nel periodo da me trascorso all’interno del castello, non ci sono state manifestazioni degne di nota, ma va sottolineato che da dopo che alle misere spoglie contenute nella nicchia si era data cristiana sepoltura, molti degli inquietanti fenomeni che infestavano il castello (come rumori di passi, clangore di ferraglia o misteriose apparizioni luminose…) si sono notevolmente ridotti, se non definitivamente scomparsi.
 

Eccezion fatta per i suoni lamentosi che, persino di giorno, capita ancora di sentire vicino alla torre, talvolta accompagnanti da un urlo lacerate di donna (tanto simile a quello delle banshee della miglior tradizione anglosassone…) e che per la gente del luogo è da attribuire al dolore straziante dello spirito della giovane moglie del “murato vivo”, Maddalena Mazzè che cerca invano da un campo all’altro il suo sposo, scomparso per sempre.
Naturalmente gli scettici ad oltranza non mancano mai e, dal momento che come già detto un’ala del castello di Roppolo è ora sede di una prestigiosa enoteca regionale, mi capitato spesso di sentir affermare che molti di questi inquietanti fenomeni altro non sarebbero che l’effetto di qualche bicchiere di troppo; ma data l’elevata qualità dei vini che vi sono custoditi e la raffinata moderazione negli assaggi, direi che queste sono solo delle futili illazioni…
 



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